giovedì 29 gennaio 2015

Nel segno del coraggio. Nando dalla Chiesa al Quirinale




di Giovanni Belfiori


Quando due settimane fa aprii la pagina Facebook "Nando dalla Chiesa Presidente della Repubblica", lo feci più per la grande stima che nutro nei confronti di Nando che per far tentare, all'ignaro amico, la scalata al Quirinale.
Ignaro, sì, perché feci tutto senza avvisarlo. Solo a sera tardi lo chiamai. Nando era a Berlino, dove, fino ai primi di febbraio, terrà alla Humboldt, la prestigiosa università tedesca, alcune lezioni sulle organizzazioni criminali in Europa.
Lo sentii contento, perché in una libreria berlinese aveva presentato il suo "Manifesto dell'Antimafia" e il pubblico era talmente numeroso da non riuscire neanche a entrare. Quando gli dissi che avevo aperto una pagina Facebook per promuovere la sua candidatura, pensò a uno scherzo.

No, non era e non è uno scherzo, perché ero e sono convinto che Nando dalla Chiesa abbia il profilo istituzionale, umano e professionale giusto per ricoprire la più alta carica dello Stato italiano.
Il migliore tra quelli che oggi abbiamo in Italia. Stimato in Italia e all'estero. Capace di gestire e riscattare questo tempo gravido di miserie intellettuali, di crisi economiche, di fanatismi d'ogni risma, di egoismi così acuti e così sciocchi che da far perdere, a volte, perfino il lume della speranza.

Nando, ai miei occhi, è questo lume, questa voglia di riprendersi il tempo della vita insieme agli altri, questa consapevolezza ritrovata d'essere Paese con orgoglio ma senza nazionalismi, bensì come pezzo del mondo. Nando è l'ottimismo che necessariamente deve superare le paure.

E' la persona giusta, insomma. Non è solo questione di cognomi e di come si è capaci di portarli addosso -e Nando il suo cognome ha saputo viverlo con la dignità e il rispetto e l'amor filiale che tutti, davvero tutti, gli riconosciamo. E' soprattutto questione di ciò che ha detto e che ha fatto.

Nando ha trascorso una vita a sistemare e riordinare lettere affinché avessero un senso, e alla fine quelle lettere un senso lo hanno avuto, hanno scritto parole che possiamo leggere: legalità, libertà, giustizia, solidarietà, senso civico, difesa dei diritti, e potremmo leggerne molte altre se aprissimo le pagine dei libri che ha scritto, se ascoltassimo le interviste che ha rilasciato, se guardassimo le sue, purtroppo rare, apparizioni in tv. Nando dalla Chiesa è uomo di Stato, quello Stato che in questi giorni (e non solo in questi) lo ha ignorato e lo ha fatto ignorare.

E' presidente onorario di Libera, è presidente della commissione antimafia di Milano, dirige l’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano, è editorialista de Il Fatto Quotidiano, è stato fondatore del movimento “La Rete” insieme con il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e l’ex sindaco di Torino Diego Novelli, è tra i fondatori della casa editrice Melampo. E' presidente dell’Isia di Urbino, la più importante istituzione in Italia per la progettazione  grafica ed editoriale, ed è presidente dell'associazione Passaggi Cultura che organizza il Passaggi Festival della saggistica di Fano e il Passaggi Sport Festival di Cesena. Nel 2013 dal Comune di Milano la massima onorificenza cittadina, l’Ambrogino d’oro. E' un elenco disordinato di una piccola parte del curriculum di Nando dalla Chiesa.

Elencare ciò che ha fatto, le mille azioni contro le mafie, la passione per l'insegnamento, la sua sterminata e mai ostentata cultura, la generosità con cui si prodiga per le iniziative culturali, l'impegno civile per le cause più ostiche ma più nobili, sarebbe un utile esercizio di memoria, ma vi rinuncio per il rischio di non rammentare e riportare tutto. Ciò che ho scritto sopra, è sufficiente per giustificare l'impegno che, insieme, migliaia di italiani hanno messo in questi giorni per chiedere ai 'grandi elettori' di eleggere Nando dalla Chiesa alla presidenza della Repubblica.

Non ho mai chiesto a Nando se sia stato contento o no di questa mia iniziativa; immagino che avrà, quando ci incontreremo, non poche cose da rimproverarmi, poiché la sua riservatezza e la sua innata modestia gli avrebbero risparmiato questa esposizione.
Ma troppo forte era in me la speranza che finalmente in Italia si potesse parlare un linguaggio nuovo nella politica e nelle istituzioni.

Non so se le idee politiche di Nando collimino alla perfezione con le mie, a essere sincero credo proprio di no. E sono certo che se dovessi incontrare molti dei firmatari, avremmo molto di cui discutere.
Eppure il nome di Nando dalla Chiesa ci sta unendo, perché l'elezione del presidente della Repubblica non dovrebbe essere semplicemente l'elezione di un uomo di partito, ma l'elezione di un uomo che ha una sola parte: quella dei cittadini.

Oggi Rita dalla Chiesa, sorella di Nando, in una intervista spiega: “È vero, io e Nando, ma anche io e l’altra nostra sorella Simona, abbiamo sempre litigato come matti per la politica. Loro sono sempre stati di sinistra e io invece ho sostenuto per tanti anni Berlusconi. Ma qui le idee politiche non c’entrano. Quello che conta sono ideali come la legalità e l’amore per la Costituzione, un terreno comune che costituisce le regole del gioco, l’idea che non si bara. Poi ognuno la può pensare come vuole, ma sulla lotta alla corruzione e sul rispetto delle regole non c’è confronto politico che tenga”.

E' questo il linguaggio nuovo che si richiede oggi alla politica. Che conti più la 'ragion dei cittadini' rispetto alla 'ragion di Stato', perché -inutile nasconderselo- spesso la ragion di Stato è stata solo la maschera per coprire tutto e tutti, per mai sciogliere quel grumo grigio che ancora in questo 2015 mescola pericolosamente malaffare e politica e criminalità mafiosa, come ha mescolato terrorismo e servizi. mafia e politica.

Il presidente della Repubblica che sarà eletto nei prossimi giorni sarà il presidente degli italiani. Ma voglio, anche in queste ore in cui è in corso la 'chiama', ribadire che Nando dalla Chiesa sarà sempre il "mio presidente", perché ogni giorno, con l'esempio, ci insegna -lui, figlio di Carabiniere- che la legalità non è semplicemente temere la Legge, ma è superare lo stesso egoismo che, come lui stesso scrive nella straordinaria introduzione alla nuova antologia gramsciana che ha curato per Melampo, "l'egoismo genera chiusura e dunque omertà, e sublima la convenienza, definita esclusivamente dai parametri del breve periodo e dell'ignoranza civile".

Grazie, Nando!

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